venerdì 13 febbraio 2009
Vertebra
Noto la totale nullità delle ore. Non c’è quel tempo esterno, di chi cammina per strada o vive nelle case lontane da questa finestra. L’orologio è l’antidolorifico.
Nel cavo di questo marciume che impasta la mia bocca, tento parole di circostanza con l’infermiera. Ha un profumo sgradevole, che si mischia al forte odore della sua pelle sudata. Nervosa, le guance tirate, la messa in piega appena fatta. Non la scoperei assolutamente, nonostante il perverso erotismo di una infermiera sado, che ti sottopone ad enormi clisteri.
Ricordo, forse avevo tolto le tonsille, il risveglio dall’anestesia, avevo quattro anni. La stessa sensazione di claustrofobica impossibilità al movimento, stretto tra lenzuola tirate e bagnate di piscio. Arriva il prete. Il prete di ronda. Un cacciatore di debolezze. Un vigliacco procacciatore di conversioni, sotto il vincolo di moribondi senza più urla e depressi vecchietti senza famiglia, parcheggiati in lontane corsie.C’è una ricattatoria immagine di padre Pio, come garante dell’antiprivacy del dolore.
Chi soffre è vicino a Dio.
Chi sta al sesto piano, in rianimazione, è più vicino a Dio rispetto a quelli del quarto, in riabilitazione.
Il prete tenta un approccio sulla comunanza della sofferenza, con la croce.
Preferisco addentare la mia coscia di pollo,
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Mi svegliavo dall'anestesia per un intervento chirurgico. Ho chiesto all'infermiera di sposarla, dicendo che io ero un ragazzo serio e di me si poteva fidare...
RispondiEliminaLei mi aveva colpito, e l'avevo guardata prima che mi somministrasse l'anestetico
Il risultato, quello descritto in testa, me l'hanno raccontato!