domenica 1 febbraio 2009

Vetro


Nel silenzio liquido, della strana morfina, dallo stomaco un nervo fino dentro al cervello. Il nervo di arrotola, come un budello di corda, tira giù le visioni dall’alto di questo baratro, dai contorni informi, incerti. Ora è un velo di sabbia, ora un mano dal palmo aperto, che scende come un manto, mi arriva addosso, mi copre gli occhi...la mano di un dio, un demone, una morte pagana , malevola o pietosa. Sul palmo della mano una stigmate blasfema, risanata, è il baratro di prima.. Un orifizio cicatrizzato al centro delle dita, scende ,scende...Mi sveglio...mia madre accanto. Odio. Mi sveglio odiando. Sento lo strisciare vetroso dei denti, serrando le mascelle. Il pensiero dell’odio, si realizza nella tensione muscolare, dell’avambraccio che ordina al pugno di stringersi e tremare. Ma sono ingessato. Il mio arto, racchiuso in una prigione d’intonaco, grida l’inane gesto di stizza repressa. L’occhio rivolto verso il soffitto, scoperchia il tetto, come a trovare un cielo contro il quale urlare l’abominio al Dio, senza faccia. I capelli, i miei capelli! Un groviglio di polvere e sangue raffermo, si riscalda sotto la nuca ferita, nel cuscino dietro la testa da giorni. Potrei odiare il Dio crocifisso, dandogli questa gamba dolente, questo fianco annerito, intriso di medicamenti inutili

1 commento:

  1. Scusami, rispondo qui, dopo aver letto il tuo ultimo post.
    Hai perfettamente ragione. Io sono di Notaresco, Teramo. Mio padre mi ha trapiantato a Taranto, ho studiato a Torino, ho vissuto 4 annni a Milano, poi Genova, poi estero, Taranto,ed ora Trieste.
    tutto perche' ho deciso di fare "l'ingegnere elettronico", e se non sei dipendente e' difficile fare l'elettronico imprenditore, ancor piu' se sei al Sud e non vuoi scendere a compromessi.
    La mia non e' stata una fuga,ma una necessità
    Una cosa ho imparato, il mondo e' piccolo, e' tuo e non puoi vivere correndo solo nel tuo giardino di casa....
    Grazie amico mio conterraneo!

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