giovedì 12 dicembre 2019

Ballare nel '69


Avevo un anno e mezzo. Abitavamo da poco a Milano. Quando accadde, mio padre decise che sarebbe andato ai funerali delle vittime. Molti erano già sicuri della matrice terroristica. La cerimonia fu partecipata, migliaia di milanesi erano presenti, silenziosi, attoniti. Papà mi raccontava la strana atmosfera allo sfilare delle bare. Anche il cielo era divenuto oscuro, color del piombo. La storia ha coperto i responsabili ma ha reso la verità più chiara a chi ha voluto leggere oltre le appartenenze. 

La polvere si muove nell’aria seguendo le correnti invisibili che entrano dalle vetrate in frantumi. Il silenzio. Piccoli incendi divampano nei mucchietti di carte e indumenti. Cadono frammenti di marmo dalle pareti rivestite. Sul pavimento, lunghe strisce di sangue terminano sui vestiti dei fattori, dei bovari, arrivati in città per gli affari. Una valigia, una scarpa, un urlo di chi cerca i suoi brandelli di carne. Le figure, in piedi, come fantasmi, barcollano sorde, in cerca dell’uscita. La città è fuori, e sul marciapiede sembra non esserci nessuno. La piazza si riempie di fari, luci arancioni, voci e lamenti. In mezzo all’ampio salone si apre la voragine per il centro dell’abisso. Le anime ci entrano, fino a scendere all’inferno. Lo puoi vedere, il vuoto che lascia quel pozzo dentro lo stomaco delle persone che si affacciano lungo l’orlo. Ci sono i fogli per terra, ma non ti serviranno. Quando stasera i ragazzi ti avranno aspettato invano per cena, dopo aver dato da mangiare alle bestie, qualcuno bussera’ alla porta. Aprirà il figlio, quello maggiore, al quale hai giurato di passare l’azienda, con i cavalli e le vacche. Perché gli hai raccontato che solo la terra non avrebbe mentito anche quando l’avresti bagnata col sangue. Un carabiniere giovane, mandato dalla caserma, dirà ai tuoi, che è successo qualcosa a Milano, una bomba dentro una banca. Il toro ora sbuffa, nella stalla. Lo hai strigliato prima di andare. E’ il maschio da esibire alla fiere, quello che ti darà la progenie migliore. L’occhio triste della bestia guarda invano nel buio come a cercare il padrone che gli stringa il giogo. Il tuo ultimo respiro a fissare il solaio annerito dal fumo. La bestia ora china il capo, perché, prima o poi, arriverà il beccaio e tu, Alfio,  non sarai lì a fermare la sua mano.


martedì 10 dicembre 2019

Viaggio della morte del Sud (Capitolo 3)


“E’ tornato Pietro! Pietro!” Il reduce si presentò, cappello in mano, nello studio del Conte. Il povero Barone era morto, facendo maritare Cecilia ad un proprietario confinante, il Conte di Scarano, un gentiluomo avanti negli anni.  “E così tu saresti il fattore, quello che stava tanto a cuore al mio povero suocero?” “ Sì Signore, e vorrei chiedervi di tornare a servire la Signoria vostra. Non chiedo che di tornare alle mie bufale.”

“Dovrò parlare prima con la mia consorte, donna Cecilia”, rispose il conte. A Pietro si strinse il cuore, come se una tenaglia volesse staccarglielo dal petto. Lui era rimasto fedele a l’amore impossibile. Ma la terra aveva bisogno di famiglie pronte a coltivarla. Non avrebbe potuto esistere niente tra un bovaro ed una baronessa. Cecilia era stata ai voleri del padre, perché le terre venissero condotte da un altro par suo.  Così, nel secondo anno di guerra, davanti al notaio Di Salvo, il matrimonio fu combinato senza l’amore. Cecilia aveva accettato quel vecchio storpio come una rosa accetta la morte.

mercoledì 4 dicembre 2019

Viaggio della morte del Sud - Capitolo secondo



Pietro divenne un giovane forte e bello. Le ragazze facevano a gara per avvicinarlo ma lui no, lo aveva promesso al Barone: avrebbe rinunciato a farsi una famiglia pur di badare a Cecilia. Passava sull’aia tirando i buoi per l’aratro, a sera. Dalla finestra della casa padronale usciva la musica del pianoforte. Cecilia cantava una vecchia aria di pescatori e Pietro si fermava ad ascoltare. Cecilia conosceva il rumore degli zoccoli ferrati e si affacciava . A Pietro bastava quel sorriso per sapere che lei era sicura. Pietro aveva troppa paura di pensare a quello che non era lecito pensare per un giovane abituato a badare alle bufale, a cogliere i carciofi, a zappare. Pietro si stringeva il collo con la mano callosa, quando, nella calura estiva, la giovane Cecilia disegnava, con il suo corpo agile, un’ombra snella sui muri di calce. La ragazza percepiva lo sguardo del suo bovaro, sulle spalle, dietro la nuca, come un soffio leggero a rinfrescarle le tempie sudate. Avevano giocato insieme da bimbi, si erano azzuffati, nascosti dietro il canneto, stringendosi l’un l’altra, con l’ardore innocente che solo i bambini avrebbero potuto avere. Ora tutto era diverso .Cecilia aveva terrore e desiderio delle mani di Pietro. Sfiorarsi sarebbe stato come passare la mano su fuoco, attratti dal calore, quasi si volesse ardere come  ceppi. Pietro era solo un povero fattore, quale scandalo sarebbe stato, dichiarare l’amore per Cecilia!


“Devo partire, Donna Cecilia! E’ scoppiata la guerra!” La ragazza chinò la testa. Pianse con un sibilo impercettibile, mentre Pietro si strofinava le mani quasi a consumarle. “ Come faremo con le bestie e i campi?” Avrebbe voluto urlargli in faccia la giovane, in piedi davanti a lui nel fienile colmo di paglia dorata. Cecilia fermò le mani di Pietro, le strinse e lo portò velocemente in fondo ai covoni, aprendo la sua camicia di seta, offrendogli i suoi seni. Assaporarono il gusto delle loro lacrime, lungo la pelle nuda, uno sull’altra.