Pietro divenne un giovane forte e bello. Le
ragazze facevano a gara per avvicinarlo ma lui no, lo aveva promesso al Barone:
avrebbe rinunciato a farsi una famiglia pur di badare a Cecilia. Passava
sull’aia tirando i buoi per l’aratro, a sera. Dalla finestra della casa
padronale usciva la musica del pianoforte. Cecilia cantava una vecchia aria di
pescatori e Pietro si fermava ad ascoltare. Cecilia conosceva il rumore degli
zoccoli ferrati e si affacciava . A Pietro bastava quel sorriso per sapere che lei
era sicura. Pietro aveva troppa paura di pensare a quello che non era lecito
pensare per un giovane abituato a badare alle bufale, a cogliere i carciofi, a
zappare. Pietro si stringeva il collo con la mano callosa, quando, nella calura
estiva, la giovane Cecilia disegnava, con il suo corpo agile, un’ombra snella sui
muri di calce. La ragazza percepiva lo sguardo del suo bovaro, sulle spalle,
dietro la nuca, come un soffio leggero a rinfrescarle le tempie sudate. Avevano
giocato insieme da bimbi, si erano azzuffati, nascosti dietro il canneto,
stringendosi l’un l’altra, con l’ardore innocente che solo i bambini avrebbero
potuto avere. Ora tutto era diverso .Cecilia aveva terrore e desiderio delle
mani di Pietro. Sfiorarsi sarebbe stato come passare la mano su fuoco, attratti
dal calore, quasi si volesse ardere come
ceppi. Pietro era solo un povero fattore, quale scandalo sarebbe stato, dichiarare
l’amore per Cecilia!
“Devo partire, Donna Cecilia! E’ scoppiata la
guerra!” La ragazza chinò la testa. Pianse con un sibilo impercettibile, mentre
Pietro si strofinava le mani quasi a consumarle. “ Come faremo con le bestie e
i campi?” Avrebbe voluto urlargli in faccia la giovane, in piedi davanti a lui
nel fienile colmo di paglia dorata. Cecilia fermò le mani di Pietro, le strinse
e lo portò velocemente in fondo ai covoni, aprendo la sua camicia di seta,
offrendogli i suoi seni. Assaporarono il gusto delle loro lacrime, lungo la
pelle nuda, uno sull’altra.
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