Avevo un anno e mezzo. Abitavamo da poco a Milano. Quando accadde, mio padre decise che sarebbe andato ai funerali delle vittime. Molti erano già sicuri della matrice terroristica. La cerimonia fu partecipata, migliaia di milanesi erano presenti, silenziosi, attoniti. Papà mi raccontava la strana atmosfera allo sfilare delle bare. Anche il cielo era divenuto oscuro, color del piombo. La storia ha coperto i responsabili ma ha reso la verità più chiara a chi ha voluto leggere oltre le appartenenze.
La polvere si muove nell’aria seguendo le correnti
invisibili che entrano dalle vetrate in frantumi. Il silenzio. Piccoli incendi
divampano nei mucchietti di carte e indumenti. Cadono frammenti di marmo dalle
pareti rivestite. Sul pavimento, lunghe strisce di sangue terminano sui vestiti
dei fattori, dei bovari, arrivati in città per gli affari. Una valigia, una
scarpa, un urlo di chi cerca i suoi brandelli di carne. Le figure, in piedi,
come fantasmi, barcollano sorde, in cerca dell’uscita. La città è fuori, e sul
marciapiede sembra non esserci nessuno. La piazza si riempie di fari, luci
arancioni, voci e lamenti. In mezzo all’ampio salone si apre la voragine per il
centro dell’abisso. Le anime ci entrano, fino a scendere all’inferno. Lo puoi
vedere, il vuoto che lascia quel pozzo dentro lo stomaco delle persone che si
affacciano lungo l’orlo. Ci sono i fogli per terra, ma non ti serviranno.
Quando stasera i ragazzi ti avranno aspettato invano per cena, dopo aver dato
da mangiare alle bestie, qualcuno bussera’ alla porta. Aprirà il figlio, quello
maggiore, al quale hai giurato di passare l’azienda, con i cavalli e le vacche.
Perché gli hai raccontato che solo la terra non avrebbe mentito anche quando
l’avresti bagnata col sangue. Un carabiniere giovane, mandato dalla caserma,
dirà ai tuoi, che è successo qualcosa a Milano, una bomba dentro una banca. Il
toro ora sbuffa, nella stalla. Lo hai strigliato prima di andare. E’ il maschio
da esibire alla fiere, quello che ti darà la progenie migliore. L’occhio triste
della bestia guarda invano nel buio come a cercare il padrone che gli stringa
il giogo. Il tuo ultimo respiro a fissare il solaio annerito dal fumo. La
bestia ora china il capo, perché, prima o poi, arriverà il beccaio e tu, Alfio, non sarai lì a fermare la sua mano.