Ho cinquant’anni. Dovrei essere
vecchio, ricordando come apparisse mio padre alla mia età. Nonostante l’apparenza,
ho sempre esaminato il mio volto, il mio corpo, ogni mattina, per vedere e
registrare nella memoria, piccoli e grandi cambiamenti. Le variazioni si notano
nel lungo solo quando, un bel giorno, qualcosa di te è cambiato drasticamente,
all’improvviso, da un giorno all’altro. Inizi con le gengive che si tirano,
mostrando leggermente la radice dei denti. Qualcosa che ti ricorda le sembianze
che avrai, quando sarai posto ordinatamente nell’ossario. La ruga a destra si
accentua. Non è la ruga di espressione ma una marcata abitudine al sentimento
dell’amarezza. Amarezza. Negli anni ho
imparato a convivere con questo stato d’animo. All’inizio ho dato colpa agli
altri, in una sorta di gioco al vittimismo che spesso ha contraddistinto la
cerchia familiare. Ho provato a
ragionare spesso sul fatto che, alcuni atteggiamenti degli altri, derivassero
dalla maniera nella quale mi ponevo. Il risultato è stato illuminante. Credevo
che i miei interlocutori avessero la mia stessa sensibilità e comprendessero le
mie esigenze, i miei desideri, le mie scelte, i miei limiti, le mie
manchevolezze. Erravo nell’errore. L’unico
modo è comprendere il prossimo, almeno nella parte della sua vita della quale
vuole farti partecipe. Cosa possiamo pretendere di conoscere degli altri? Cosa ne
sappiamo di loro veramente? Così, per
pigrizia, per impotenza, ci chiudiamo nel nostro mondo fatto di azioni che riteniamo
giuste al momento adatto, di pensieri pensati per gli altri. Quando scopriamo
che le nostre convinzioni sulle persone, si sgretolano contro il muro delle
loro realtà, dentro noi prevale l’amarezza. Questa sensazione che ci incolla la bocca,
come una medicina indesiderata ma inevitabile, arriva fino al petto. Il respiro
si stringe fino a tapparci le orecchie. L’amarezza, è un animale che
appesantisce le spalle, si nutre aggrappato alla nostra nuca e cresce
curvandoci le spalle. Avrei voluto festeggiare il traguardo simbolico del mezzo
secolo in altro modo, guardando ai giorni passati, con la soddisfazione di chi
ha costruito un percorso di serenità per sé e per i suoi cari. Mi sento come il
capitano di una nave, nel mezzo di un oceano dall’onda variabile, il quale
tiene stretto il suo timone tra le mani sempre più dolenti. Non so quando fino
a quando la mia presa sarà sicura.
Colonna sonora:
David Sylvian - Black water
Chet Faker - Talk is cheap
William Fitzsimmons - I kissed a girl
Joni Mitchell- Woodstock
Benjamin Biolay - Miss Miss
Frank Ocean - Pink + white
The Young fathers - I heard
Nick Cave & the Bad seeds - Hang on to yourself
Bjork - All neon like
David Gray - This year's love
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