venerdì 2 marzo 2018

Le ossa



La prima volta che mi sono rotto un osso, stavo giocando a pallavolo durante l’ora di educazione fisica, a scuola. Stavamo preparando le selezioni per formare la squadra che avrebbe rappresentato il liceo al torneo comunale. La mia cittadina ha sempre avuto una grande tradizione pallavolistica e il torneo comunale era la grande occasione per essere notati dalla squadra locale che ai quei tempi militava nella massima divisione. Non fu una frattura grave ma, l’incidente mi escluse definitivamente dalla rosa scelta dalla professoressa. Dovetti abbandonare anche la chitarra per qualche settimana. Non ebbi pazienza e, dopo una decina di giorni, mi levai la stecca. Il dito non fu lo stesso di prima. A distanza di anni ho ancora difficoltà a fare certe cose con lo strumento. L’incidente più grave fu quando caddi dall’impalcatura. In quell’occasione compresi il concetto di dolore. Tutti i malanni. I fastidi avuti prima di quel momento si annullarono all’interno di un un’unica voragine nella quale l’oscurità del fondo sembrava un buco nero nel quale si fosse concentrata materia agonizzante ed io a cercare di risalire, aggrappandomi disperato alle sue pareti scoscese. Conobbi gli anestetici ed i loro effetti sulla percezione della realtà. Immobilizzato, nel letto, come un Cristo morente e stitico, materializzavo nel sonno, strane visioni di apocalissi. Di tutto, mi rimasero dolori improvvisi legati al barometro e qualche callo osseo. Anche in quel caso ebbi l’impressione che qualcuno avesse voluto interrompere un periodo nel quale, la mia carriera lavorativa stava progredendo, permettendomi di realizzare i sogni e l aspettative della mia famiglia. Dopo alcuni anni accadde di nuovo, per un incidente di una banalità sconcertante. Ero in magazzino e, nell’atto di voltarmi, spostai il braccio, con la mano aperta, sbattendo il palmo contro la cornice della porta. Il mignolo andò in due pezzi. Fui ingessato in modo da riuscire a lavorare. Durante quella settimana un grosso camion, in manovra, distrusse la fiancata della macchina, appena acquistata, fuggendo. Compresi come in quel periodo ci fosse un’aurea sfortunata intorno a me, quando andai in banca qualche giorno dopo. Ero alla cassa e di colpo tre rapinatori irruppero, minacciandomi con un taglierino. La rabbia accumulata in quei giorni non mi impedì di controbattere ai rapinatori i quali volevano legarmi, nonostante il gesso. Ne ricavai un piccolo taglio sulla testa. Fu una settimana particolare, nella quale, si erano accumulati tre eventi indesiderati ed indipendenti dal mio arbitrio. Non ho mai creduto alla sfortuna anche se, in quell’occasione, percepì una sorta di negatività come se un evento sfavorevole ne attraesse altri. A volte mi meravigliavo avendo notizie di disastri aerei che capitavano a pochi giorni di distanza gli uni dagli altri. Feci il paragone con una molla carica, la quale ha bisogno di scaricare la sua energia, improvvisamente, con un atto definitivo e liberatorio.  Ora sono qui, a scrivere con la mano sinistra. La destra è ingessata, nuovamente. Un altro incidente sul lavoro. Ero in un periodo di gran recupero fisico e psicologico, dopo un anno caratterizzato da un’esperienza politica negativa nella quale avevo conosciuto la miseria e la grettezza umane. Stavo effettuando un lavoro delicato, molto apprezzato dalla committenza e dai tecnici. Ciò mi avrebbe permesso di avere ottime referenze per lavori futuri. L’infortunio mi impedisce totalmente di lavorare per un certo periodo e questo porterà problemi alla famiglia e alla sua gestione. Adesso ho la netta sensazione di avere qualcuno che mi stia levando gli appigli, diabolicamente, durante il mio disperato tentativo di raggiungere il bordo del pozzo. Le mie ossa sono la storia della mia sfida a viso aperto e sono l’impalcatura con la quale combatto, ogni giorno, una battaglia contro un nemico invisibile il quale ha deciso che la mia strada dovrà essere irta di ostacoli. Mi chiedo quale divinità abbia tempo da perdere a rendermi la vita difficile. Con gli anni, la mia rabbia ha trovato dimora nel mio petto ed ogni volta mi trovo a maledire Dio, guardando il cielo, a voce alta, senza timore. Se questa è la guerra, morirò con gli stivali ai piedi.

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