La prima volta che mi sono
rotto un osso, stavo giocando a pallavolo durante l’ora di educazione fisica, a
scuola. Stavamo preparando le selezioni per formare la squadra che avrebbe
rappresentato il liceo al torneo comunale. La mia cittadina ha sempre avuto una
grande tradizione pallavolistica e il torneo comunale era la grande occasione
per essere notati dalla squadra locale che ai quei tempi militava nella massima
divisione. Non fu una frattura grave ma, l’incidente mi escluse definitivamente
dalla rosa scelta dalla professoressa. Dovetti abbandonare anche la chitarra
per qualche settimana. Non ebbi pazienza e, dopo una decina di giorni, mi levai
la stecca. Il dito non fu lo stesso di prima. A distanza di anni ho ancora
difficoltà a fare certe cose con lo strumento. L’incidente più grave fu quando
caddi dall’impalcatura. In quell’occasione compresi il concetto di dolore.
Tutti i malanni. I fastidi avuti prima di quel momento si annullarono all’interno
di un un’unica voragine nella quale l’oscurità del fondo sembrava un buco nero
nel quale si fosse concentrata materia agonizzante ed io a cercare di risalire,
aggrappandomi disperato alle sue pareti scoscese. Conobbi gli anestetici ed i
loro effetti sulla percezione della realtà. Immobilizzato, nel letto, come un
Cristo morente e stitico, materializzavo nel sonno, strane visioni di
apocalissi. Di tutto, mi rimasero dolori improvvisi legati al barometro e
qualche callo osseo. Anche in quel caso ebbi l’impressione che qualcuno avesse
voluto interrompere un periodo nel quale, la mia carriera lavorativa stava
progredendo, permettendomi di realizzare i sogni e l aspettative della mia
famiglia. Dopo alcuni anni accadde di nuovo, per un incidente di una banalità
sconcertante. Ero in magazzino e, nell’atto di voltarmi, spostai il braccio,
con la mano aperta, sbattendo il palmo contro la cornice della porta. Il
mignolo andò in due pezzi. Fui ingessato in modo da riuscire a lavorare. Durante
quella settimana un grosso camion, in manovra, distrusse la fiancata della
macchina, appena acquistata, fuggendo. Compresi come in quel periodo ci fosse
un’aurea sfortunata intorno a me, quando andai in banca qualche giorno dopo.
Ero alla cassa e di colpo tre rapinatori irruppero, minacciandomi con un
taglierino. La rabbia accumulata in quei giorni non mi impedì di controbattere
ai rapinatori i quali volevano legarmi, nonostante il gesso. Ne ricavai un
piccolo taglio sulla testa. Fu una settimana particolare, nella quale, si erano
accumulati tre eventi indesiderati ed indipendenti dal mio arbitrio. Non ho mai
creduto alla sfortuna anche se, in quell’occasione, percepì una sorta di
negatività come se un evento sfavorevole ne attraesse altri. A volte mi
meravigliavo avendo notizie di disastri aerei che capitavano a pochi giorni di
distanza gli uni dagli altri. Feci il paragone con una molla carica, la quale
ha bisogno di scaricare la sua energia, improvvisamente, con un atto definitivo
e liberatorio. Ora sono qui, a scrivere
con la mano sinistra. La destra è ingessata, nuovamente. Un altro incidente sul
lavoro. Ero in un periodo di gran recupero fisico e psicologico, dopo un anno
caratterizzato da un’esperienza politica negativa nella quale avevo conosciuto
la miseria e la grettezza umane. Stavo effettuando un lavoro delicato, molto
apprezzato dalla committenza e dai tecnici. Ciò mi avrebbe permesso di avere
ottime referenze per lavori futuri. L’infortunio mi impedisce totalmente di
lavorare per un certo periodo e questo porterà problemi alla famiglia e alla
sua gestione. Adesso ho la netta sensazione di avere qualcuno che mi stia
levando gli appigli, diabolicamente, durante il mio disperato tentativo di
raggiungere il bordo del pozzo. Le mie ossa sono la storia della mia sfida a
viso aperto e sono l’impalcatura con la quale combatto, ogni giorno, una
battaglia contro un nemico invisibile il quale ha deciso che la mia strada
dovrà essere irta di ostacoli. Mi chiedo quale divinità abbia tempo da perdere
a rendermi la vita difficile. Con gli anni, la mia rabbia ha trovato dimora nel
mio petto ed ogni volta mi trovo a maledire Dio, guardando il cielo, a voce
alta, senza timore. Se questa è la guerra, morirò con gli stivali ai piedi.
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