In un angolo dell’ampio salone,
aperta sopra un alto leggio di noce scuro, illuminata dalla polverosa luce che
filtrava dalle tende, stava l’enorme Bibbia illustrata di nonno Giona. La
conosceva a memoria. Ogni giorno della sua vita, da quando era bambino, ne
leggeva un passo, mandando a memoria ogni singolo verso. Era la stesso libro,
che conservava da anni e che adesso stava lì, ingiallito, su quel piedistallo
ingombrante. Da fanciullo rimaneva ore ad osservare quelle illustrazioni a china,
in bianco e nero, che esaltavano gli episodi salienti, dalla Genesi a Mosè che
separava le acque del Mar Rosso. Un' illustrazione, più di tutte, aveva colpito
l’immaginazione di quel bambino e lo ossessionava ancora adesso che era anziano
a malandato: l’Arca di Noè. Da ragazzo, era piuttosto timido, nonostante fosse
un giovane bello e aitante. Le ragazze facevano a gara per avvicinarlo ma lui
era schivo e introverso. Solo una aveva scelto tra mille: l’ossuta bambina che
aveva difeso, da piccola, dalle grinfie di alcuni bambini in vena di fare i
bulletti. Si erano incontrati di nuovo a scuola e dopo al liceo. Prima di
partire soldato le chiese di sposarlo e li accettò quasi fosse la conseguenza
più naturale di tutti quegli anni passati a dirsi poche parole.
Avevano avuto
tre figli e tanti nipoti. Ora che lei era morta, le ossessioni di quelle figure
stampate nel libro avevano trasformato la sua timidezza in misantropia. Nel
capanno in cui si rinchiudeva per ore, a creare opere di complicata inutilità,
non lasciava entrare nessuno tranne il suo cane, un vecchio spinone di nome
Peppe e l’unico nipotino che provasse un briciolo di affetto per lui: Domenico.
Somigliava terribilmente alla nonna e il ragazzino era il solo ad amare
quell’ampio baraccone di legno e lamiera nel quale il nonno Giona illustrava i
suoi progetti quasi fosse un genio incompreso. Il bambino ascoltava i sermoni
del vecchio che assomigliavano più alle prediche di un parroco di campagna.
Aveva iniziato a parlare delle grandi storie contenuto nell’unico libro che
avesse mai letto e che ora giaceva nel salotto di casa sua. Domenico si era
appassionato soprattutto alla storia di Noè e dell’Arca. -Un giorno verrà un
nuovo diluvio universale e i giusti dovranno costruire imbarcazioni per potersi
salvare dalla furia delle acque-. -Nonno ma come faceva Noè a sapere che quella
fosse la voce di Dio? - Chiedeva il nipotino. Rispondeva secco, Giona: -Lo
sapeva e basta. Noè ha creduto. Non si può dubitare di Dio-. Il nipote rimaneva
pensieroso – Nonno, questo libro lo
hanno scritto gli uomini o Dio-? Giona declamava gravemente: - Gli uomini che
hanno ascoltato la voce di Dio – Nonno, io conosco tanti uomini che raccontano
bugie-. Domenico attendeva una risposta ma Il nonno non sapeva cosa
controbattere e si nascondeva dietro una smorfia silenziosa. Il cane, seduto elegantemente osservava le
lunghe conversazioni tra nonno e nipote girando la testa a ogni suono della
voce. Una mattina d’estate il nonno arrivò più cupo del solito, non aveva
dormito. Non appena il nipote fu entrato nella baracca, il nonno lo prese e lo
fece sedere su di un tronco di legno. Nipote – stanotte Dio è venuto nei miei
sogni e mi ha parlato- mi ha detto di costruire una barca perché noi possiamo
salvarci dal diluvio che sta per mandare.
– Il nipotino lo guardò stupito, incredulo. Nonostante l’idea fosse
bizzarra, il suo spirito di bambino ebbe il sopravvento. Sorrise a Giona per
fargli capire quanto l’idea lo allettasse. Iniziarono così, da quel giorno, la
costruzione di una piccola imbarcazione, un sandolino di legno, traendo spunto
da alcuni disegni che il nonno aveva avuto in dono da un vecchio pescatore di
Maiori. Il piccolo Domenico si divertiva a vedere quanto il nonno, sudasse mentre piallava, inchiodava le ordinate , i
fasciami, quanto amore mettesse nel modellare la prua. Spesso il bimbo era
messo al barattolo della colla sotto la guida attenta del nonno. Entrambi a
studiare quelle vecchie pergamene spiegazzate. I genitori di Domenico si
chiedevano cosa ci fosse di tanto attraente in un vecchio che a loro sembrava
astioso e burbero. In quel gioco tra nonno e nipotino, febbrile, quanto magico,
l’anziano recuperava quella serenità perduta e il bimbo scopriva la ricchezza
di chi aveva esperienza. Passarono tutta l’estate nella costruzione della
barca. A settembre, con l’inizio dell’anno scolastico, il sandolino era
terminato. Venne la stagione delle mareggiate. Il nonno ed il nipote erano
impazienti di trovare una domenica di bonaccia per poter effettuare il varo. “Dobbiamo
provare la barca- diceva il vecchio- quando verrà il diluvio dobbiamo essere
sicuri che tutto sia a posto".- Il piccolo Domenico, non si faceva capace
di quella profezia. Il nonno, dopo i mesi di tregua, impegnato nella
costruzione, aveva trascurato il motivo di quell’opera. Ora il nipote rivedeva
negli occhi del nonno, ardere il fuoco della sua fissazione. Fu proprio quella
notte. Il vento si era alzato all’improvviso, mentre il bimbo era nel suo letto
intento a sfogliare un grosso volume ricco d'illustrazioni raffiguranti mostri
marini. Il padre entrò trafelato: - il nonno è scomparso!-. Il piccolo Domenico fu vestito di fretta
dalla madre e venne sommerso dalle più disparate domande, dato che era stato
lui il più assiduo frequentatore del vecchio negli ultimi mesi. La pioggia
scrosciava incessante. Domenico raccontò ai familiari riuniti della fissazione
del vecchio per il diluvio universale ed il perché di tanta alacre operosità
nel costruire la barca. Non si poteva perdere tempo: Vigili del fuoco,
Carabinieri, Protezione civile, tutti si misero sulle tracce del vecchio.
Albeggiava ormai, le nubi si erano diradate dopo l’acquazzone notturno ma il
vento era freddo e teso. Domenico, i
suoi genitori e alcuni amici erano sulla spiaggia ancora increduli: della barca
sulla spiaggia non c’era traccia, solo una linea disegnata dalla chiglia.
Nessuno capì come aveva fatto quel vecchio a trascinare il natante fino in
acqua. Tanti erano rimasti sulla battigia a scrutare i marosi all’orizzonte. Il
nipotino piangeva tenendo stretta la mano della madre. Rimasero vicino al mare
ancora un po’. Il nonno era scomparso insieme al cane. Arrivarono i Carabinieri
che avevano effettuato una perquisizione nella casa del vecchio, avevano delle
scartoffie in mano: il nonno aveva lasciato sul tavolo di casa le sue cartelle
cliniche. Sapeva di avere un tumore. Non lo aveva detto a nessuno. Il bimbo si
girò ancora verso il mare. Niente all’orizzonte, oltre la linea sconnessa dalle
onde di tempesta. Lo sguardo si abbassò sulla riva sabbiosa, dove ancora si
notava il lungo solco lasciato dal sandolino tirato in acqua. Tutti volsero la
testa verso monte sulla strada di casa. Solo il nipote cercò ancora ansioso un
segno che lo rincuorasse Gli occhi umidi si fermarono sulla scia lentamente
vanificata dalla bufera. Lungo la sabbia
decine di impronte. Non tracce di uomini ma zoccoli, zampe unghiate,
palmi di uccelli. Su tutte, la profonda orma della zampa di un elefante.
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