martedì 28 luglio 2009

9 anni


Ho passato nove anni scrivendo per un giornale. Non erano articoli di cronaca, ma editoriali nei quali auspicavo, a modo mio, una maniera di vedere la mia città e quello che mi circondava. Sono invecchiato con questi editoriali, sempre sperando la stessa cosa, perché “questa cosa” non stava accadendo. Nonostante la facilità del mio scrivere, ogni riga, mi costava un salto nel vuoto delle incomprensioni, delle antipatie. Ho smesso perché non avevo più nulla da dire e perché la mia parola sembrava dileguarsi in una valle senza eco. Le simpatie e le empatie per ciò che scrivevo sono cadute nell’oblìo, le antipatie sono rimaste, perché “l’odio alimenta la vita e fa l’uomo forte”. Rimangono scampoli di malocchiate. Questo non mi tocca. Mi tocca nel profondo, perché è l’esperimento che faccio da una vita, la rapida deperibilità del consenso a favore di un nebuloso ricordo di gesta eroiche. Una volta, per difficoltà economiche note a molti, riguardanti la mia famiglia, fui costretto ad eliminare dalla mia abitazione degli “oggetti di valore”. Per me gli oggetti valore sono “ i libri”. Mettendoli nello scatolone, piangevo, pensavo alla gravità di quella perdita , anche se momentanea, al fatto che i miei scaffali sarebbero rimasti vuoti per un determinato periodo. La credevo una luttuosa circostanza, mi sentivo nudo, percepivo un senso di vuoto, simile alla vertigine che porta nausea. Questo fu nel ‘97. Qualche giorno fa andai nella cantina dove allora avevo celato le miei gioie. Sono ancora lì da allora. Le avevo scordate. Stavo vivendo la vita. Il tempo ripara tutti i dolori, cancella l’inseparabilità dagli oggetti. Possiamo vedere con una luce nuova le cose e le persone che un tempo furono la nostra aria. Nulla è vitale, soprattutto gli oggetti. Il sapere di sé, la sua perdita, questo è irreparabile. Questa sensibilità, in questo contesto del nulla, è una malattia pericolosa per sé e per gli altri. Tentai la strada della missione, della conversione, con i mie articoli. Pensavo ad un luogo migliore nel quale tutti avrebbero potuto vivere grazie all’arte ed alla cultura. Fu un pensiero fuorviante e pernicioso. Non è rimasto nulla, in effetti. Forse scrivevo per convincere me stesso. Non ci sono riuscito.

“ Se studiamo i volti dei grandi persecutori della nostra epoca, ci colpisce un’aria disgustata, comune a tutti loro. Questo atteggiamento di schifo verso gli altri rende impressionante, per esempio, la somiglianza tra Himmler e Berija. L’impotente che spia gli atti sessuali degli altri, diventerà potente nell’uccidere; è una norma, dire quasi una legge. Analogo l’atteggiamento di Marat e Robespierre.; tutti i virtuosi accusatori dalle mani pulite appartengono a questa risma. I tipi umani delicati e sensibili sono i più pericolosi. Perciò, nella maggioranza dei casi la situazione è più preoccupante quando letterati e professori s’impadroniscono del potere, che non quando sono i soldati a esercitarlo.”

ERNST JUNGER

3 commenti:

  1. In verità ti dico che a me quegli editoriali piacevano tanto, anche quando esprimevano pensieri che magari non condividevo. A proposito di libri a proposito di libri, (la ripetizione non è ne enfase ne refuso), hai mai letto "Firmino" di Sam Savage? Se no te lo consiglio, è breve e immagino ti possa piacere!

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  2. si scrivi sempre per convincere se stessi.
    non riuscirci sta per la "movibilità intellettuale" di una persona.
    ma cazzo....esiste "movibilità"?
    love, mod

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  3. Non sono ancora convinto, infatti. Questo mi fa ben sperare. Grazie Mod.

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