domenica 28 ottobre 2012

Natura morta

La giornata non ha avuto mezzi termini. Sono uscito, grazie al cambio d'ora, prima del dovuto. Sulla spiaggia, deserta fotografia di un film di Antonioni, l'aria ancora tiepida mi entrava nella felpa. Peppe era contento come può esserlo un cane che vede davanti a sè una distesa dove correre e cagare a volontà. Nelle cuffie "Le clochard" dei Focus sembrava accompagnare il movimento del mare. Speravo, come al solito tento da anni, di incontrare sulla riva, in quel punto dove l'onda si ferma sulla sabbia e torna indietro, lasciando un'impronta lucida per un istante, i miei fantasmi. Sono convinto che in quel luogo si possano incontrare i demoni malvagi o buoni non importa, i quali ti sussurrino ciò che vuoi ascoltare o che temi. Anche oggi niente. All'improvviso, dai lati del fosso Saraceni, una lama di vento freddo, senza se, senza esitazione, ha cambiato le sorti del giorno e della stagione. E' l'aria che porta l'umido del fosso, l'odore degli sterpi secchi e dei torrenti fangosi. Lì, in quella natura morta, di canne e tronchi sulla sabbia, è iniziata la fine di quest'anno. Mi sono seduto sull'ultima sdraio, dimenticata da Roberto, aperta, sotto un capanno, a fissare giù, a sud, dove ritengo possa trovarsi la verità che ora non comprendo. Non ancora.

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