venerdì 21 marzo 2025

La biblioteca di Babele


D
omenica scorsa ho rimesso in ordine i libri. Non sono libri qualsiasi. Queste pagine incollate tra di loro, con copertine dai vari colori, piene di angoli piegati ed ingialliti, sono quelle dei libri della mia vita di lettore, una vita che è iniziata trentasette anni fa. Non c’entrano nulla con la mia età anagrafica perché io ho iniziato a leggere “veramente” solo nel 1988. Non che prima non leggessi, sia chiaro. Prima ero un lettore svogliato, un ragazzino al quale venivano sottoposte letture da parte dei genitori i quali pensavano che esistessero libri che mi avrebbero fatto scoccare la scintilla. Ho provato con le letture degli autori che andavano per la maggiore quando ero ragazzo. Tutto però mi pareva noiosamente invalicabile. Da Verne ad Asimov, non riuscivo a trovare nulla eppure i mobili della casa nella quale vivevo, erano stracolmi di letture alle quali avevo libero accesso. Così i libri che sceglievo esclusivamente per le figure sulle copertine, rimanevo a prendere polvere sul comodino della mia cameretta. Niente da fare fino a vent’anni. Fu allora che qualcosa di improvviso mi impressionò, non ricordo bene se una trasmissione di Zavoli ed un libro seguito a quelle inchieste ma arrivò un momento nel quale nacque l’esigenza, l’urgenza di mettere il mio nasone tra le pagine di un libro qualsiasi. Iniziai furiosamente a divorare delle pubblicazioni di Biagi, seguite dai romanzi di Piero Chiara fino a spingermi verso delle vecchie edizioni di Einaudi tra le quali possedevo Sciascia, Stajano. Avevo un paio di libri di Brancati che fu il mio scrittore guida per alcuni mesi tanto che volli acquistare la sua opera completa. Le due visioni della provincia italiana quelle di Brancati e Chiara, mi affascinavano profondamente, così mi spinsi al centro dove trovai Moravia ed i suoi personaggi carichi di malessere e tormento. Pieno di entusiasmo, mi affidai alle letture cosiddette “di formazione” affrontando l’opera omnia di Herman Hesse ed in seguito tornai in Italia per Pratolini, Fenoglio e Pasolini. Mi costrinsi a tutto Eco, mi persi in Flaiano, Fogazzaro. Sono stato un giovane lettore appassionato, fedele, a tratti incostante ma, ad ogni libro letto corrispondeva un posto sicuro sullo scaffale. Ho iniziato ad accumulare libri con lentezza o velocità a seconda delle possibilità economiche, talora sono stato vittima di acquisti compulsivi e feticismo editoriale. Negli anni, dopo il matrimonio, lo scaffale, un vecchio mobile posseduto da mio padre nel suo ufficio, cambiava colore a seconda delle case nelle quali andavamo in affitto e degli arredi che potessero rendere l’idea di una casa illusoriamente nostra. In seguito è arrivato un vecchio scaffale alimentare dei primi del novecento, di quelli che svettavano dietro il banco di vendita sui quali si posizionavano i contenitori delle spezie. Negli anni, nelle differenti abitazioni, ha iniziato a riempirsi di Amado, Parise, Borges, Celine, Ellroy, McCarthy, i Roth, Dumas, Cervantes, Carrere, Zweig, Zafon, Oz, Richler Faulkner, il mio amatissimo Turgenev, l’adorato Maugham, la letteratura ebraica, i grandi romanzieri contemporanei statunitensi. Pochi italiani, lo ammetto, ma confesso che non ho grande stima per i miei connazionali contemporanei, tranne Camilleri. Sostengo infatti che molti di loro, dopo i grandi romanzi del ‘900 sulla seconda guerra mondiale, si siano malamente buttati sul giallo seriale più adatto ad essere venduto dentro cestini delle offerte nei discount. Ad ogni libro è legato un momento della mia vita tale da farmi scordare il contenuto del libro al quale questo ricordo si incarna. Al contrario, la visione di quel libro nel punto in cui è posizionato sullo scaffale, materializza il ricordo stesso, il periodo nel quale sfogliai quelle pagine e gli avvenimenti di quella stagione. I libri perdono la loro corporeità ma è grazie alla scomparsa dell’oggetto cartaceo che prendono vita i ricordi. I libri sono i ricordi e senza i libri probabilmente non avrei un archivio preciso di quello che è stato in questi quarant’anni. Arrivato a quest’età, inizio a guardare con sufficiente scetticismo ai consigli di autorevoli individui i quali sostengono che molti libri andrebbero riletti. Ho fatto subito una botta di conti. Se dovessi fermarmi di colpo ne l’acquisto di libri nuovi e dovessi ripartire da zero, dovrei avere altri trentasette anni a disposizione per iniziare a rileggere il primo libri da lettore ufficiale del 1988 ed arrivare alla ragguardevole età di novantaquattro anni con l’ultimo libro che ho acquistato: trattasi di “Fatu Hiva” dell’esploratore Thor Eyredahl. Arrivato a questa veneranda età, dove avrei scordato quello che avrei riletto per la seconda volta, potrei ricominciare una nuova vita da lettore di libri mai letti, forte soprattutto di questo scritto che mi ricorderebbe perché l’ho fatto e quanto tempo prima. Per questioni biologiche non mi rimarrebbe molto da leggere e soprattutto da vivere. Ho deciso quindi, andando in culo agli autorevoli intellettuali (i quali penso che abbiano avuto la possibilità di rileggere libri perché, in verità ne hanno letti pochi) di non rileggere alcun libro e che quello che è passato non deve tornare perché è inutile che torni, così come i ricordi legati alle sue pagine. Stando così le cose, mi sembra inutile continuare a conservare oggetti che non utilizzerò mai più ma che serviranno solo per fare conversazione con ospiti che non hanno mai letto e potranno fare solo osservazioni critiche con i propri congiunti, una volta congedatisi da noi, tipo “Ma tutti quei libri non sono un ricettacolo di polvere ed acari”? Consapevole della vecchiaia incombente la quale realisticamente consiste nel non sopportare gli altri e le cose, sento il bisogno degli spazi vuoti aperti, di aria, di affrancamento dagli oggetti. Voglio morire leggero, magari con una bella camicia fresca di bucato, un paio di pantaloni di lino, dei mocassini di cuoio intrecciato e un mezzo toscano tra le labbra. Voglio morire davanti un bicchiere di rabarbaro e acqua tonica, seduto ad un bar. Sul tavolino un paio di occhiali ed un libro nuovo che ho appena iniziato a leggere nel quale lascerò un segnalibro, delegando a chi verrà il compito di terminarne la lettura.

1 commento:

  1. Grazie, come sempre, Gianluca delle emozioni che mi regalano le tue parole. Leggendo ciò che io avrei voluto scrivere esso diventa mio per pochi istanti. Bentornato!

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