martedì 22 gennaio 2013

Franco Zaio, solo tu potrai capire il Lebowski dentro di noi

Niente da fare. R. getta disperato la fronte sul volante. L’ennesimo tentativo. Il furgone non parte. Nel silenzio della notte, solo il rantolo di un motore imballato viene restituito dai ripidi versanti di roccia della gola nella quale siamo chiusi da ore. Sinceramente, non ci aspettavamo un epilogo così tragico di queste due giornate, ma il peggio è accaduto. Mi giro, verso la vecchia Ford, nella quale mia moglie e W. Si battono le braccia sul petto per darsi un po’ di calore. Fuori ci sono tredici gradi sotto zero. “Li muorte di’Criste!” Bestemmia R., mentre la sua voce si perde lungo la pietra. Non parte, non parte, il diesel è ghiacciato. Inutile tentare ancora. Non passa nessuno. Non passerà nessuno. Non può passare nessuno alle 4 di mattina del 1° Gennaio 2000. Non passerà nessuno nel primo giorno del primo anno del terzo millennio Dopo Cristo. “Mannaggiasanda!”. Se ora ci vedesse un satellite dall’alto di questo cielo, terso, senza una nube, trasmetterebbe lo svolgersi di questa tragicommedia che neanche i fratelli Cohen, neanche i Monthy Piton, neanche Villaggio… E pensare che tutto era iniziato nel migliore dei modi.
Riusciamo ad ottenere la possibilità di suonare durante le celebrazioni del capodanno. Di solito il musicista non definisce la sua carriera solo in base al successo che viene decretato dal pubblico, ma anche dagli eventi base ai quali è tenuto a partecipare, per avere il titolo di “uno che ha fatto la gavetta”. Così io il Deg e Di Tokio, riusciamo a passare i tanti esami dell’artista acciaccatutto, grazie alle esibizioni live nei più disparati contesti: si va dalla Festa della Lega Navale, al matrimonio con rito civile, alle feste di partiti della prima e seconda Repubblica fino all’intervallo musicale tra uno spettacolo porno fist fucking e l’altro, con tanto di mixer montato vicino al tavolino con falli in gomma di varie misure. Leggende metropolitani si vanno così, ad accumulare nel sottoscala dei nostri ricordi. Tra i must del gavettaro c’è indubbiamente il “suonare a Capodanno”. Per l’occasione si assemblano formazioni musicali variamente assortite. Nella band di solito, al musicista di professione si affiancano strimpellatori per necessità e vecchi amici messi lì a fare presenza, con il volume dello strumento rigorosamente a zero. Arriva così il gran giorno. Il nostro Manager Alessandro ci segnala per la serata di capodanno 99/2000 presso un noto locale a Scanno, dove si terrà una megafesta di fine anno e dove non ci sono particolari esigenze danzerecce. Stiliamo quindi un repertorio misto tra successi pop del periodo e sempreverdi brani rock.  Per arrivare a Scanno, si prende l’A24 e si esce a Cocullo ( nota per la processione dei serpari). Si passa quindi per Anversa degli Abruzzi e, attraverso le inquietanti Gole del Sagittario, si arriva a Scanno. Avendo un po’ di parenti ad Anversa, riesco ad ottenere da parte di un cugino di mammà, l’utilizzo di un paio di stanze che potranno essere utili per riposare, quando torneremo dalla serata e per non fare tutta una tirata fino ad Ortona. Partiamo il pomeriggio. Deg si fa prestare il furgone dallo zio che ha un’attività sotto il porto.  Deg fa il pieno presso il distributore sulla banchina, lo stesso dove i pescherecci si riforniscono per le loro battute si pesca. Errore fatale. Dopo aver caricato gli strumento partiamo alla volta di Anversa. Arrivati, giretto per il paese, incontro con il lontano cugino, accesso all’abitazione, accensione riscaldamento, rilascio chiavi, saluti e baci. Partenza alla volta di Scanno. Le gole del Sagittario sono uno stretto budello scavato nella roccia, nel quale si snoda una piccola strada asfaltata carrabile quasi come quelle andine.  Passando sotto la diga del lago arriviamo a destinazione presso il locale dell’Evento. La sera è limpida ma già fredda e questo potrebbe destare non poca preoccupazione se non fossimo affaccendati con l’attrezzatura. Dopo il cenone si attacca. Della serata, dal punto di vista musicale, non ho un gran ricordo. Forse una versione di “Back in Black” abbastanza squallida ed un “Flaca” ripetuta almeno 3 o 4 volte. Già dal primo pit stop, la temperatura si aggira intorno ai cinque gradi sotto zero. Dopo il tanto temuto passaggio del millennio, così carico di profezie nefaste che manco Umberto Eco, suoniamo fino alle tre. Pagamento cachet, saluti, baci e partenza alla volta di Anversa dove, una casa ben riscaldata, ci aspetta per farci godere un meritato riposo. Io e la mia signora andiamo avanti mentre il DEg e W. Ci seguono con il furgone a due tre minuti di distanza. Di Tokio invece, è partito prima con la sua vecchia Peugeot a recuperare la sua consorte russa, in un locale della costa dove si esibisce. Costeggio lentamente il lago. Il cielo è terso, la strada è ghiacciata, ci sono tredici gradi sottozero. La notte è assolutamente silenziosa. Al di fuori del rumore della nostra auto. Sul lato della carreggiata ci sono due auto ferme, in panne. Non possiamo aiutarli, anzi, quasi ci viene da ridere. Non sappiamo cosa ci aspetta. Mentre scendiamo oltre la diga, uno squillo al cellulare. Il Deg. “Giallù, il furgone non cammina! Pare che vada a tre cilindri!” Spinto fino ad adesso da una leggera discesa, il Ducato ci è stato dietro anche se distante. Ora è fermo al lato della strada ed a nulla valgono i tentativi di rianimarlo. Intanto la temperatura nell’abitacolo scende. Dopo un’ora siamo qui, in quattro, al centro d’Italia, che poi per gli italiani sarebbe il centro del mondo, al freddo, nella notte tra un millennio e l’altro, alle quattro del mattino, senza un’anima, con la possibilità che qualche branco di lupi del vicino Parco Nazionale ci sbranino, con una casa non molto distante che ci aspetta , calda ed  accogliente e non possiamo fare nulla per cambiare la nostra situazione. Alte si levano bestemmie d’Ognissanti. Riemergono vecchi rancori tra musicisti. Tutti maledicono tutti, il freddo obnubila le menti, si cerca di menar le mani, si rimpiange di aver imparato lo strumento, si impreca il divino immacolato cuore della divinità madre, si giura al cielo, etrna vendetta agli dei immortali. Solo la mia vecchia ford, a benzina riesce a fare spola tra Anversa ed il luogo del delitto. Al mattino, un benzinaio crumiro, con l’alito di stracotti all’aglio e spumanti dolci, ci vende a caro prezzo un litro di verde. Deposto il sacro liquido nel serbatoio del cassone morente, avviene il miracolo sotto il sole del primo gennaio. Una botta di vita. Parte il furgone ma ormai tutto è perduto: amici, felicità, riposo, possibilità del paradiso dopo la morte.