sabato 31 gennaio 2009

L'ostia



...Il parroco entrò in canonica. Era tardi. Le campane della messa della sera erano già suonate. Qualche vecchietta si era sistemata tra i banchi: Don Tarcisio cercò il fazzoletto in tasca. Lo teneva piegato bene nei pantaloni sotto la tonaca. Prese il fazzoletto ed iniziò ad asciugarsi il sudore sotto il naso. Era una parte del corpo che gli sudava tantissimo. Spesso gli succedeva quando si sentiva a disagio o quando la tonaca invernale iniziava ad essere troppo calda per la stagione primaverile. Ma ora non sudava per questo motivo. Luca , il chierichetto gli stava di spalle vicino al tavolo al centro della stanza. Preparava le cose per la comunione. Erano finite le ostie e Luca era indaffarato con il sacchetto del fornaio. Il ragazzino, da dietro aveva un taglio di capelli corto, che gli scopriva la nuca leggera e rosea. I capelli aumentavano fino ad un ciuffo che da quella visuale si alzava ribelle, condizionato da due orecchie leggermente a sventola. Luca non si accorse di quello che succedeva alle sue spalle. Sentì una spinta improvvisa. Finì contro il tavolo e fu costretto ad adagiarsi con la pancia sul piano di legno. Non fece in tempo a gridare perchè il parrocco gli ingozzò il fazzoletto bagnato del suo sudore quasi fin dentro la gola. Luca riusciva ad emettere solo urla strozzate e rabbiose. Il parrocco lo teneva stretto e gli alzò le vesti con velocità. Poi Luca sentì le mutande strappate con forza. Un attimo di pausa. All’improvviso, un dolore acuto e lancinante lo piegò in due come un crampo alla base dei glutei. Fu allora che Don Tarcisio sodomizzò Luca. Da quella posizione, il chierichetto tentò di raggiungere con le mani il bordo opposto del tavolo. Scosso da movimenti ritmici e veloci, sentiva il suo sedere addormentarsi come in una ferita appena aperta. Ora il parrocco gli gravava sulla schiena e il suo alito gli arrivava in un orecchio. Ansimava e minacciava il ragazzino di stare fermo. Luca si era arreso ora. Piangeva con un lamento che usciva fioco e continuo dal fazzoletto che aveva nella bocca. Il parroco emise un grugnito ed uno sbuffo strozzato e si accasciò sul corpo di Luca...Alcuni minuti dopo Don Tarcisio, sull’altare, alzò al cielo un’ostia, una di quelle fresche, appena portate dal fornaio...

Fall from grace


Sono fermo sul punto del non ritorno. Le vene si dilatano ai liquidi noti dell’infermiere. E’ assoluto dolore o può andarci vicino. Come si fa dichiarare il proprio grado di sopportazione? Si aprono, nell’appiccicume umido e polveroso delle palpebre, alcune distese prefabbricate da film nella mia memoria. Ora il sentore amaro, proviene dal fondo della gola, saturo di fiele e fumi analgesici. Tutto tira, meno quello che dovrebbe tirare, tutto non gira, perchè la fitta è statica all’interno del midollo di questa gamba. Come quando, saliti in cima ad un torre, ci affacciamo da un suo merlo, per rabbrividire dell’orrido e del panorama, sentiamo fuggire un uccello nascosto nei buchi delle pietre, di fianco alla nostra veduta, così sento il battere pieno di quest’ala vicino. Allungo il braccio, unico superstite, per afferrare bramoso questo frutto sonoro. La cosa viene atterrata al mio fianco. Svengo...

venerdì 30 gennaio 2009

La Chiamata ( the call)

Ti ho chiamato.
Ho atteso il momento del tuo reclinare il capo verso il buio di terre desolate, dei regni della fame.
Hai guardato indifferente ai desideri della tua
creatura ripudiata.
Esci dal guscio del tuo muco appiccicoso!
Feto innominabile di malignità!

Ti ho donato il regno che ti appartiene per diritto, affinchè lasciassi la pace alla creatura mia diletta.
Mi hai rubato ciò che maggiormente lo delizia.
E’ il frutto perverso della tua distrazione fatale. Hai chiuso le tue palpebre per l’attimo della mia vigile rapacità.

Ho dato ai mortali ciò che lasciasti perso nel tuo negare la terra.
Non conosco il contrarsi di viscere, il serrare di una mano. Ciò non mi appartiene. E’ il mio dono, donato e a me non dato.
Inutile assoluto, posso farti cadere come tu facesti con me a suo tempo. Hai creato un regno di vanità, di menzogne divine e dolori senza premi.
Sento il tuo alito mefitico sulla mia fronte diafana, maledetto mostro di energia vitale! Non ti avvicinare! Hai sembianze a me già note. Essere deforme! Violentasti la natura, strumento del mio volere ai tuoi esecrabili comandi!
Mi aspettavi così...l’alone liquido di questo specchio ermafrodito,lo stesso di te carnale
Amo di te, imperfezione, la bestia, figlia del mio distrarmi...Ci sei, ora.No! Non posso amare, ma devo, la mia innata natura lo impone.
Esco. Il vincolo dagli aliti degli abissi è sciolto. Arriva luce.
Tu vedi ciò che io vedere non posso! Essere abietto, ti sia concesso il godimento della mia emanazione perpetua!
Ora sei solo una lampada di bettola e postribolo. La tua luce sotto il tuo sole, è disgustosa come la mediocrità. Non sei capace di ridurre l’essere tuo senza limiti.
Non fermarti! Ti concedo l’occasione..di donarmi un corpo
Tu chiedi a me!? Il trono tuo vacilla e si incrina, come un tempio pagano! Lo senti il rumore dalle immensità di questo sudario di fuliggine?
Ti ingoierò come un maelstrom sotto la barca di un vecchio baleniere. Vomiterò la tua anima pulita. Non sei nulla. Sei l’escremento del mio giorno di noia.
Essere della sconfitta! Possiedo i tuoi figli, caduti sulla terra come croste di un girovago lebbroso. Il tuo scendere è inutile, su ciò che non conosci.
Taci ed apri le tue viscide mucose! Fammi esplorare il seme della tua bestia immonda. Secerni i segreti delle tue sacche verminee. Fammi bagnare le dita nella corruzione immane del tuo sesso!
Sono vero, osserva ciò che hai odiato! Calpesto il mondo dai millenni della tua memoria. Sono aduso alle pratiche dell’abominio. Strada di vene e fluidi corre in gravità. Gonfia, arrossa, rende turgide le estremità della mia anima pesante.
Hai usurpato le curve degli amori. Hai svelato gli amplessi vergognosi, le sodomie celesti. i coiti lancinanti, le polluzioni odoranti di morte.
Sono il maestro di ciò che imparai da te.
Guarda adesso il mio viso informe di voluttà inesplose
Avvìcinati... Cerchio di buio intorno, trasforma in mio nulla in ossa bianche e nervi doloranti
Ho paura, sei il me che abbandonai la notte della caduta eterna
Non temere !Eccoti il respiro che mi lasciasti, lo sperma della tua vanità comanda alla bocca uno spasmo...più vicino
Maledetto! Non posso amare il sangue come il fiele della croce tra le mie gambe! Lo sento scorrere adesso!
Corri, corri! Trasforma il fuoco dietro la mia schiena. Sono arrivato dall’abisso che bendava i miei occhi, le braccia, sotto questa luce malata. Ti ho cercato, sorriso di lama, sembravi l’unica, Le notti che ti ho creato, hanno chiuso i tuoi pensieri sull’arida distesa dei nostri corpi inchiodati a mordere vento. La vedi la mano tesa. E’ vera. Sono vere queste spalle sulle quali lasci lacrime di cielo.
Nulla possono le mie mani vergini sui rantoli delle tue squame ab aeterno !
Odoravo di profondità, di fosso notturno. Orrido di topi e ragni, nelle pieghe sordide. Succhia questo tanfo mortale. Avvicinati, toccami. Tocca le estremità umide delle mie membra. Mordimi! Sono te blasfemo, lecca lo specchio del tuo bramare inane!
Non riesco! Non riesco! Dimmi! Con queste malìe rubasti i cuori dei sinceri, strizzati a scoppiare sangue sugli altari maledetti?
Meretrice di mille misericordie! Tu guardavi il mio bruciare , l’estasi di torturatori in preghiera. Raschia la ferita di questo sesso che strappasti perchè non lo donassi agli uomini.
Dov’è la tua lurida cavità? Voglio riprendere ciò che fu mio un tempo, a distruggerti per sempre!
Non credevo agli dei mortali. Sento la terra sotto i piedi, ma non c’è terra. Sento l’aria nei miei polmoni, sono mille aghi di ghiaccio nel mio petto. Respiro di te.
Maledico di me il senso che creai. Cosa ti ho donato! Gli occhi sfiorano le linee di questo carne senza carne
Ti vomiterò addosso la verità degli amanti assassini! Sei un cadavere meccanico. Chiuderò la tua speranza nella cripta del mio regno senza uscita!
Ora ho lasciato il vuoto del mio essere assoluto per cercare gli archi dei tuoi seni malati. Sento la tua densa saliva bagnare il solco dei miei glutei. Cos’è questo brivido sconosciuto? E’ simile all’ultimo lume di vita prima che il petto si gonfi, l’ultima volta, al vaneggiare dell’iride contratta, contro il volto della morte! Forse il tentativo del condannato allo stringersi della corda sotto il cranio, per guardare i propri piedi penzolare!
Addenta queste mie pallide strisce di carne e saprò! Liberami dal male oscuro di questa perfezione anemica di senso!
Mai! Soffri mille inferni senza i confini dei tuoi angeli di pietra! Non ti concederò le labbra della terra! Tu hai lasciato il dubbio dell’altro da te, nelle inermi creature dei tuoi parti falliti, hai gettato le prove del tuo ozio infinito , nelle paludi delle foreste senza sole, a cercare una riva salvifica! Hai abbandonato gli esseri che amasti in balìa di me, assetato di proseliti, in lunga schiera. Io ho tratto con forcipi acuminati, queste amebe, dai sacrari di sfacelo immane, dagli acquitrini ignoti. Vorresti conoscere ciò che hai loro negato e che io possedevo prima dei tempi, mio unico tesoro?!
Posso sentire la tua mano austera, guidare il tuo membro dentro me, eppure mi odi! Questo è, dunque, il segreto della vita? Così poca pena fu lo scordare le vie del cuore? Poca pena fu, per questo attimo di estasi bestiale, di pio dolore, come un uncino nel mio utero contratto a strappare rifugi di messia.
Lava la mia lingua turpe con l’umore sulfureo del tuo coito! Aspergimi di linfa come sperma del creato! Ora la desolazione dei tramonti inanimati si fa più lieve. Sei il balsamo ai tagli infetti delle mie mani, l’unguento delle piaghe forgiate dalla tua ira di tradito! Ti adoro punitrice! Ma non avrai il premio del corpo mortale! Che ciò ti rimanga come l’isola, lontana dalla rotta del naufrago! Piangi le mie stesse lacrime! Ne berrò la pozione, ridendo dei tuoi singhiozzi , troia d’altare!
Lo voglio! Il tuo tempo è finito! Farò a brandelli i tuoi putridi orifizi! Nulla più mi dividerà da te! Lo specchio è rotto! Lascia la tua carne, per un attimo!
Sento avvicinarsi l’ala del mattino, non posso nutrirmi del tuo amore malato. Ora i tuoi spazi sono vuoti, ma io sono qui! Maledetta bestia divina ! Mi chiudi l’unica occasione della vendetta! Non posso raggiungere il tuo regno , per usurpare gli spiriti senza catene...allora ti scoperò! Inonderò i tuoi orifizi con Lo Stige spermatico. Ti farò attingere ai boccali del mio scroto malefico. Ti annienterò per questo istante con il fiato del mio orgasmo caprino. Ti soffocherò con fiotti del sangue terreno, come una vergine stuprata!
Fammi sentire! Sarcofago di vacuità immonda! Dammi i tuoi doni nefasti! Ora posso vedere la traccia della mia carne, di nuovo creata a mio piacere, per il mio piacere! Distruggi, ciò che io posso, da sempre. Rendi mute, le mia grida di voluttà. Serra la mia vagina con la tua verga balsamo degli ardenti!
Chiuderò per sempre non la tua natura, ma ciò che le sta contro. Non ti farò vedere il mio volto deformato dall’estasi della tortura anale! Sentirai le mie unghie incidere lettere blasfeme, sulla tua schiena sinuosa. Sentirai il mio alito venefico, nel tuo orecchio, gettare le invocazioni dell’abisso.
Ti sfonderò le terga con l’assalto delle mie schiere infami!
E tu non vedrai il mio volto, quando fingerò il dolore che tu ami! Saprò godere come un demone fallace! La tua illusione di vittoria punta al centro del mio culo! Avrai la tristezza di cavalcare un finto destriero, una invisibile armata, un ansimare, il tuo, contro il vento e la tempesta! Cercherai con le mani l’inutile appiglio al contarsi ritmico dei tuoi reni, al tuo sbuffare sordido di iena.
Non puoi fingere ciò che non ti è noto! Dolore! Quale parola uscì dal tuo ventre inesperto di piaceri! Voglio insegnarti gli spasimi della lussuria, senza amare. Il tuo utero cercherà l’appiglio del mio fallo, come la sanguisuga un corpo vivo, come il naufrago la superficie dell’ossigeno!
Adesso puoi farlo! Te lo concedo, antro di plebe immonda!
Se desideri, io vinco! Ebbene sappi, che questo era lo scopo mio. Perchè giammai ti donerò la verità del mondo! Gettami il tuo scettro oramai opaco!
Perdi!
Abdica, guardando l’Alto senza più nome , nè fortuna!
La mia vendetta si compia! Sei umano ormai!
Conoscerai, piaceri, voluttà e dolori e morte!
E tu conoscerai le beatitudini senza corpo. Lava la tua natura dal sangue dei millenni!
Sarai al mio trono assiso, nuovo celeste tiranno.
Sarai me redento. Sono io vittorioso, perchè ti salvo. Sei costretto al bene, tuo vecchio odio.
Divorami l’infinito!

Ti tengo Dio!Ora nessun baratro ci separa!